Le favole e i Draghi

Storia del fallimento della politica delle mistificazioni

di Francesca Straticò

La storia, a differenza della cronaca, quando con adeguato rigore intellettuale rivolge il suo sguardo agli accadimenti, si occupa d’intercettarne il significato profondo ed il possibile fine “teleologico”. La comunicazione per sintesi, di questo nostro tempo superficiale e sbrigativo, ci propone, invece, di analizzare, anche vicende epocali, con considerazioni espresse nello spazio di un tweet, quasi sempre inquinate dall’impulso d’individuare vittime e colpevoli e stabilire confini netti tra torti e ragioni. La politica, però, non può essere letta e, tantomeno interpretata, meramente dalla cronaca, perché alla sua interpretazione è necessario un processo di disambiguazione, un’indagine seria ed oculata diretta a svelare il disegno, lo scopo, il principio guida e la valenza dei ruoli assunti dai suoi protagonisti, ruoli spesso mutevoli, con confini sfumati e contorni incerti. E’ così che prendiamo le distanze dalla frettolosa proposizione di un Matteo Renzi macchiato dalla colpa indifendibile di essere l’attentatore del Governo e l’unico responsabile della sua crisi. Pensiamo, invece, che la verità sia nell’impianto delle favole e nella loro costante fallacità al confronto con la realtà e tante sono, purtroppo, le favole che questa politica mistificatrice ci ha propinato e nelle quali, in tanti, hanno voluto credere. Si è voluto credere alla favola che per decidere delle sorti di un popolo e di una nazione bastasse essere “bravi ragazzi”, anonimi, sconosciuti , che valesse il principio dell’uno vale uno, che rendersi disponibili a sacrificare il diritto all’individualità ed a vanificare ogni sforzo di crescita personale, intellettuale, esperienziale, per il raggiungimento di ruoli immeritati e temporanei, potesse non determinare conseguenze. Che per cambiare il destino di un Paese complesso, complicato, difficile, diviso ed intricato come l’Italia, bastassero i “vaffa” o bastasse cavalcare la rabbia e le paure. Si è voluto credere alla favola che uno stravolgimento mondiale, come la vicenda epidemica che viviamo, potesse mantenere celata l’incapacità di un Governo improvvisato, nascondendo le sue colpe sotto il manto di un comitato tecnico, peraltro, spesso inascoltato. Si è voluto credere alla favola dei banchi a rotelle, del monopattino per sostenere l’economia, dei bonus e sussidi inutilmente attesi. Quella della lotteria degli scontrini, in un’Italia nella quale, una percentuale sempre più ampia di cittadinanza, perde il suo potere di acquisto finanche dei beni essenziali. Si è voluto credere alle tante favole diffuse per giustificare ritardi ingiustificabili, quali quelli degli interventi in ambito sanitario, in quello dei trasporti, delle strutture scolastiche, nell’adozione di politiche di sostegno alla occupazione, e ciò mentre l’Italia viaggia da mesi al ritmo di oltre cinquecento morti al giorno, mentre più di 250.000 imprese sono state costrette a chiudere e nella quale, solo nell’ultimo mese, circa 100.000 donne hanno perso il posto di lavoro.

La favola della necessità di stravolgere l’impianto costituzionale, con finalità di presunti risparmi che hanno, invece, solo distrutto il diritto alla rappresentanza, indebolito gli equilibri democratici e garantito la permanenza di lobby parlamentari. Sì è voluto credere alla favola che racconta che “capitani” di ciurme cieche, ignare ed invasate, possano vincere guerre contro nemici quali la povertà, la mancanza di equità, il ritardo, e si è voluto credere nella favola del “caporalato della politica” che, forte del consenso costruito con logiche clientelari, potesse continuare a dettare regole d’imperio per svilire meriti, occultare capacità, isolare i talenti e favorire la mediocrità o, ancora, si è voluto credere nella favola della xenofobia travestita da un fantomatico patriottismo che disconosce ed umilia la vera storia della Patria ed infine si è voluto credere nella favola dei presunti paladini di bisogni, dai quali sono ormai vergognosamente distanti, bisogni che non conoscono più, che osservano da postazioni comode ed agevoli, senza più alcuna consapevolezza della loro entità, della loro drammaticità e con la colpevole ignoranza di quanto possa essere intollerabile un’esistenza senza prospettive ed una vita senza concreta speranza. La spregiudicatezza di Renzi ed il suo non avere nulla da perdere, non sono da ritenersi un agire isolato e non possono considerarsi le sole cause della crisi di Governo, hanno, invece, acceso il riflettore sulle mistificazioni di questa favola triste che racconta di una politica incapace che ha tradito ogni scopo, ogni funzione ed ogni ideale. Una politica che ha contribuito a creare un’ingiusta ed improduttiva dicotomia tra politica e competenza e che ci ha tolto il diritto alla legittima aspettativa di una rappresentanza della quale la competenza possa essere il tratto distintivo, la base, il punto focale e la rotta. Spetta a noi, adesso, non sprecare l’occasione e pretendere che la futura rappresentanza, in ogni livello istituzionale, sia caratterizzata da un impegno etico, impegno nel quale la componente etica sia anche espressione del limite di continenza delle ambizioni personali e non ci riproponga sempre i soliti candidati, ad ogni ruolo e per ogni stagione. La pretesa da azionare, adesso, è quella di avere una politica capace di agire sulle urgenze e le emergenze, prime tra tutte quelle relative al piano vaccinale ed al riassetto della realtà sanitaria, ma che non trascuri la visione e progettazione del futuro, che sia pronta ai cambiamenti sostanziali, ad adeguare gli assetti tecnologici, produttivi e lavorativi, senza comportare sacrifici in termini occupazionali. Una politica che dimentichi la nostalgia di un passato non più riproponibile e si sappia aprire alle sfide future, con realismo e concretezza, e nella quale gli strumenti intellettuali ed intellettivi della rappresentanza siano orientati a costituire il fondamento di quella sicurezza che oggi vacilla. Una politica attenta alla unità, al grande patrimonio di diversità del nostro Paese, nel rispetto del quale, sappia ristabilire una uniformità di distribuzione dei livelli di prestazione e dei diritti, quale lastrico del cammino comune e di un condiviso incremento della velocità di crescita, sviluppo e progresso. Una politica che sappia guardare al meridione d’Italia come alla grande risorsa d’Europa e che attorno ad esso sappia costruire la rilevanza del Mediterraneo nel mondo, anche con finalità di riequilibrio geopolitico e, conseguentemente, di pace. Una politica che sappia dare impulso alla istruzione e formazione, che sappia puntare sulla ricerca e sulla specializzazione, promuovendo la valorizzazione delle risorse umane, che sappia cogliere la straordinarietà degli eventi con la duttilità di chi sa utilizzarli e non se ne lascia travolgere e condizionare. Una politica che rispetti l’assetto naturale dell’ambiente, che ne assecondi, differenziandole, le vocazioni e ne sappia trarre i frutti, spesso incommensurabili, senza stravolgerne gli equilibri. Una politica che abbandoni la strategia del populismo, che non fa che assecondare ed accrescere l’ignoranza e che miri, invece, a rappresentare l’esempio della conoscenza quale espressione di indipendenza ed autonomia Una politica che si ispiri alle grandi icone di democrazia e libertà che hanno portato il nostro Paese, nel dopoguerra, dall’essere un cumulo di macerie ad essere una tra le più grandi potenze economiche del mondo, e che sappia mettere al centro del suo operato ogni donna, ogni uomo e, soprattutto, la loro dignità. Una politica capace di competenza, di coraggio e di umiltà, orientata al raggiungimento di obiettivi ambiziosi senza personalizzazioni, da ottenersi in nome della collettività, e senza dimenticare di illuminare il passo con il faro della solidarietà, in assenza del quale, ogni cammino, non può che essere buio, spiacevole e rischioso. Non possiamo prevedere con assoluta certezza cosa accadrà e quale ruolo abbiano i “Draghi” in questa favola, triste e forse giusta, che racconta la dissoluzione di una politica arrogante ed ingannatrice. Di certo nessuno può mettere in discussione la professionalità, la credibilità internazionale ed il livello di competenza di Mario Draghi, del quale è nota anche una, quanto mai utile, fermezza di carattere. Gli auguriamo, dunque, ed auguriamo al nostro Paese, di poter dimostrare unitamente alle altre riconosciute doti, anche quella di empatia e generosità, e di creare un gruppo operativo efficace ed efficiente, puntando su donne ed uomini di qualità, che inducano a future scelte di rappresentanza contraddistinte da inequivoco valore. Le nostre sorti e quelle delle generazioni future, però, non possono essere appese ad un destino individuale e dalle favole, per quanto tristi, abbiamo il dovere morale di trarre insegnamento. In questo senso, forse, i “Draghi” a questo punto della storia, non compaiono in rappresentanza del male, ma solo per ricordarci di agire, almeno qualche volta, con coraggio e con quel dimenticato eroismo dato dalla nobiltà d’animo delle scelte e degli intenti .