Salviamo Cozzo Cervello ecco una nuova relazione sul taglio degli alberi nel bosco paolano

Secondo quanto si afferma nella relazione di questo comitato, risulta che gli alberi semimarci o cariati sono solo 15 su 1.972

PAOLA – Sulla vicenda “Cozzo Cervello” giunge una nuova dettagliata relazione dal comitato “Salviamo Cozzo Cervello”. I dati in essa riportati sono quelli contenuti nella relazione redatta dai tecnici incaricati dal Comune.

Secondo quanto si afferma nella relazione di questo comitato, risulta che gli alberi semimarci o cariati sono solo 15 su 1.972 (passati al vaglio nell’intero lotto boschivo di 22 ettari). Ecco la relazione integrale.
Da qualche giorno, l’opinione pubblica è nuovamente stata sollecitata a riconsiderare l’opportunità di procedere al taglio selettivo di Cozzo Cervello. Addirittura c’è stato chi – forse anche disconoscendo l’area di taglio – sostiene che quell’area deve essere bonificata. Noi, al contrario e in estrema sintesi, siamo convinti che quel bosco, che poteva essere sottoposto a manutenzione, non deve essere toccato. Non ritorneremo sulle ragioni culturali, storiche, turistiche e spirituali che hanno scongiurato il taglio, ma vogliamo andare oltre, perché secondo noi i danni causati dal taglio avrebbero potuto essere talmente alti da ridurre o addirittura impedire benefici per il bosco. Diverse ragioni ci lasciano molto scettici sull’utilità di questo o di altro taglio nella faggeta.
Innanzitutto perché è noto che le parti di albero morte o in decomposizione innescano processi del tutto ecologici che favoriscono l’insediamento e la vita di una notevole varietà di esseri viventi.

Diversi organismi ne trarrebbero dunque beneficio, a tutto vantaggio dell’ecosistema forestale. Ancora, per esemplificare, la presenza di tronchi e legno morti sul terreno favoriscono l’accumulo di lettiera e quindi prevengono l’erosione del suolo. Queste foreste, pertanto, sono dei sistemi dinamici e complessi in cui le piante crescono, si riproducono, competono tra loro e muoiono naturalmente: ecosistemi al massimo grado di naturalità.
Allora, perché l’uomo dovrebbe intervenire? Le risposte possibili sono due: per favorire la rigenerazione del bosco o per ricavarne utili. Delle due, una. Poiché abbiamo già detto della capacità del bosco di autorigenerarsi, propendiamo per la seconda opzione.
Il taglio, secondo noi, ha tutte le caratteristiche di un’operazione commerciale.


Dallo studio delle relazioni tecniche si possono fare delle considerazioni che vogliamo condividere con la cittadinanza. Gli alberi martellati, ovvero condannati, sono tutti stati numerati e per ciascuno conosciamo il diametro; inoltre, i tecnici si sono premurati di inserire delle note nelle quali riferiscono se l’albero in questione sia “difettato” (biforcati, triforcati, ramosi, semisecchi, ecc.). Per esclusione, quelli privi di nota sono oltre 1800, e nonostante non presentino alcun difetto sono stati considerati alla fine del ciclo di vita produttivo (sic!). Qual è invece la percentuale degli alberi difettati? Ebbene, soltanto il 7,8% (154 su 1972 e tra questi solo 15 sono le piante dichiarate “semisecche” o “cariate”).


Altro aspetto che ha destato il nostro sospetto è l’attribuzione del valore del lotto boschivo. I tecnici ci assicurano di aver condotto “un’accurata indagine di mercato” e non lo mettiamo in dubbio. Tuttavia, secondo i dati riportati nel progetto di taglio, trattandosi di una vendita a corpo, indipendentemente dalla quantità di legna prodotta dunque, il valore medio di un albero si aggira intorno alle 27 euro a pianta, a fronte di alberi con diametro medio di 35/40 centimetri e alti circa 25 metri. Questi valori, ci lasciano pensare a una valutazione riconducibile a legna da ardere, mentre in realtà questa legna avrebbe potuto trovare utilizzi ben più remunerativi. Eppure, tra quelli martellati, ci sono esemplari (senza nota, per intenderci) di 60 cm di diametro. Valgono davvero così poco? E parliamo di valore venale!
Più approfondiamo la conoscenza della vicenda e più ci convinciamo di aver agito secondo buon senso e senza pregiudizi di sorta.

Con la stessa libertà e onestà intellettuale continueremo a dialogare con le istituzioni affinché il progetto già proposto con legge regionale (lungi da noi appropriarci della paternità dell’idea) di istituire il Parco di Monte Caloria e della Catena Costiera prenda vita come efficace strumento di tutela dei nostri boschi. Quando si parla di ambiente e di tutela occorre avere una visione a lungo termine. Le operazioni di taglio dei boschi pensano invece solo al breve termine, alle necessità dell’immediato. Il passato ci insegna che decisioni prese solo per soddisfare esigenze del presente alla lunga producono danni irreparabili. Oltretutto, rispetto a quanto sta avvenendo anche in Comuni limitrofi al nostro, Paola potrebbe adottare innovativi modelli di sviluppo improntati alla sostenibilità, innovazione e rispetto delle risorse naturali, rinunciando definitivamente a modelli intensivi di sfruttamento incondizionato delle materie prime naturali appartenenti oramai al medioevo.
Restiamo un Comune che protegge e tutela in modo consapevole le sue foreste e le conserva intatte per il futuro”.