Il paradosso della sanità Calabrese al cospetto del Coronavirus

Mentre si registrano nuovi casi di contagio si licenziano infermieri e si litiga per l’accaparramento di reparti

CATANZARO – È proprio vero, in Calabria siamo paradossali in tutto e spesso in controtendenza, soprattutto nella sanità. In questo triste periodo dove a farla da padrona è la paura collettiva a causa del COVID-19, riscopriamo le contraddizioni tutte made in Calabria. Neanche gli acclarati casi, ormai sono tre (e chissà quanti ce ne saranno) di Coronavirus riesce a placare le lotte campanilistiche giocate sui presidi ospedalieri e ancor più grave riesce a fermare l’onta dei licenziamenti. A Reggio Calabria, dove fatalità del destino oggi si è registrato il terzo caso di contagio, giunge la notizia dell’imminente licenziamento di cinquanta infermieri in scadenza di contratto. Si assiste a tutto questo quando già in condizioni normali il sottorganico della sanità è una delle concause del cattivo funzionamento, figuriamoci adesso che sta crescendo l’emergenza.

Ma davvero si è così miopi? Davvero è così difficile capire che tutto il sistema andrebbe rivisto con il potenziamento strutturale dei presidi già esistenti a partire proprio dal personale. L’organizzazione della rete ospedaliera, non ci stancheremo mai di dirlo, in Hub-Spoke in Calabria è un fallimento. In Calabria c’è bisogno di strutture ospedaliere capaci di essere autonome nell’affrontare ogni caso, medico o chirurgico che sia, magari passando dalla specializzazione degli stessi. Offrire ai cittadini un servizio adeguato che preveda posti di rianimazione intensiva o sub-intensiva, che guarda caso oggi si riscoprono carenti, è una priorità. Invece che si fa? Si discute se spostare, trattenere, riaprire un reparto in un ospedale o in un altro. La domanda è, se dovessimo arrivare in Calabria ad un livello critico come quello della Lombardia cosa accadrebbe? Meglio non pensarci. Da pochi giorni l’emblema del funzionamento della Sanità Calabrese sono le tende pre-triage montate davanti alcuni ospedali tra i quali quello di Paola e Cetraro completamente chiusi.

Tanto per chiarire: la non utilizzazione di quelle tende non è un bene. Infatti, qualcuno potrebbe pensare che la loro non attivazione sia un segno tangibile di assenza di casi sospetti. Non è così. Invece, ciò rappresenta un problema perché la loro funzione è quella di fare filtro per evitare che casi sospetti possano entrare direttamente in pronto soccorso. Tutto questo si verifica in Calabria mentre in Lombardia si richiamano medici in quiescenza, medici e paramedici dell’esercito, si assumono per decreto nuovi medici e nuovi infermieri che entrano di diritto in una sanità che seppur attrezzata a soddisfare le esigenze sanitarie della popolazione inizia a boccheggiare al cospetto del COVID-19. Saremo così bravi da utilizzare l’emergenza Coronavirus per rivedere il sistema sanitario calabrese? Saremo così lungimiranti da trarre insegnamento da una emergenza senza precedenti? L’augurio è che sia proprio così. Ma se neanche questa surreale situazione riuscirà a risvegliare le nostre coscienze vorrà dire che per la Calabria non esiste futuro.

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