Gli ambientalisti del Cozzo. L’interessante reportage di Cambia Paola

Il Movimento Politico paolano interviene sulla controversa vicenda che riguarda il bosco di proprietà del comune di Paola

PAOLA – Ecco un interessante Reportage del Movimento Politico  Cambia Paola pubblicato sulla propria pagina Facebook riguardante la tanto discussa vicenda “Cozzo Cervello“. Lo proponiamo integralmente.

Abbiamo seguito con grande attenzione la recente mobilitazione sulla manutenzione del bosco del cosiddetto “Cozzo Cervello”; una mobilitazione dai toni talvolta pregiudiziali e talaltra allarmistici, ma pur sempre una sollecitazione popolare. Tuttavia, abbiamo sinora evitato di prendere posizione per l’una o l’altra delle tesi preconfezionate, ed abbiamo preferito renderci prima conto della reale situazione della faggeta, guidati nell’osservazione da conoscitori delle nostre montagne di provata competenza. Ci saremmo aspettati di trovare un bosco frequentato da escursionisti, ambientalisti, gitanti e pellegrini, ma non è stato così: ci siamo stati sia in giorni festivi che feriali, partendo dal Santuario o dall’Arciprete e arrivando alla Croce di Montalto e al “Tabellone” da vie sempre diverse; ma, nelle tante ore di cammino, non abbiamo mai incontrato nessuno.
Ciò che invece abbiamo trovato, filmato e fotografato non conferma i timori del movimento ambientalista: l’area in questione infatti è un bosco vecchissimo e molto fitto, composto da decine di migliaia di esemplari e sottoposto per l’ultima volta a manutenzione oltre 50 anni fa; un bosco in cui faggi altissimi e molto anziani (ricoperti di muschio su tutti i lati del tronco e del colletto) impediscono la crescita di nuove piante e soffocano il sottobosco.

Basta una semplice passeggiata, soprattutto fuori dalle stradelle, per osservare che oggi Cozzo Cervello è una faggeta abbandonata e – perciò – moribonda: totale assenza di animali, sia terrestri che volatili (e dunque assenza di concimazione naturale), piante novelle da pollone che non sono riuscite a svilupparsi e sono ridotte a pertiche spoglie, nuove piante da seme inesistenti, sottobosco assente (incluso l’agrifoglio e il pungitopo, che in questa stagione dovrebbero già prosperare), terreno duro e privo di cespugli: le fragole, le more e le felci prima presenti sono ormai quasi del tutto scomparse, non c’è nemmeno un filo di edera. È vero che gli altissimi faggi presenti somigliano ad una “cattedrale naturalistica”, solo che è una cattedrale vuota, buia e prossima alla rovina, i cui pilastri possono sembrare maestosi ad un occhio disattento e poco competente, ma in realtà hanno il tronco marcio.

Questo dato – unitamente al basso numero di piante (circa 2000) interessate dal taglio – li rende sempre meno pregiati e spiega anche il canone di concessione non particolarmente alto. Ma soprattutto li rende fragili: una tempesta di vento di forte intensità potrebbe spezzarli; gli alberi anziani sono più facile preda del fuoco e la loro dimensione rende ancora più complicato lo spegnimento di eventuali incendi. L’intervento programmato, dunque, non ha solo finalità economiche ma anche di mitigare e prevenire conseguenze catastrofiche sull’assetto idrogeologico e sulla stessa sicurezza dei cittadini.
Ma c’è dell’altro. Il bosco abbandonato è soggetto a tagli abusivi senza alcun criterio, in cui i ladri di legname agiscono talmente indisturbati da tagliare anche quello che non gli serve, lasciando i tronchi “appesi” in coreografie inquietanti, oppure prendendosi il lusso di allineare gli alberi abbattuti in attesa di andarli a recuperare con calma, quando (e se) ne avranno richiesta. Paradossalmente, le uniche piante giovani e rigogliose le abbiamo trovate – oltreché nei “larghi” realizzati per il passaggio del gas – nelle radure malamente create dai ladri di legname, dove la luce e l’aria hanno consentito lo svilupparsi delle giovani piante da seme. Il precario stato di salute del bosco comunale è ancor più evidente sconfinando a nord di Cozzo Cervello in un altro lotto di bosco contiguo ma di proprietà privata, dove circa 30 anni fa un incendio ha distrutto molte delle piante più anziane: qui il bosco è molto più giovane, il fogliame è di un bel verde brillante, i tronchi non sono ricoperti di muschio, ci sono tracce frequenti di animali di ogni tipo, il sottobosco è sviluppato e soffice, le felci, gli agrifogli, i pungitopo, le piantine di fragole, le more e ciclamini prosperano rigogliosi.


Occorre tenere conto di un dato di fatto incontrovertibile: la faggeta di Cozzo Cervello è un bosco ceduo, ossia un bosco che, per sua natura, deve essere governato e rinnovato attraverso il taglio selettivo. Un taglio che deve essere scientifico e appropriato, soggetto a regole stringenti e compatibili con le caratteristiche del suolo. Esiste una letteratura sterminata in materia ed è inutile negarla appendendosi a frasi fatte del tipo “il bosco non si tocca”. Nel caso di Cozzo Cervello, “non toccare” il bosco significa condannarlo (con buona pace della biodiversità che si dice di voler proteggere), aspettare la morte delle piante, la loro frana a valle e, a seguire, la desertificazione della montagna. Al contrario, un taglio ben fatto darà alle nuove piante la possibilità di svilupparsi, rinnovando il bosco; consentirà al sottobosco ed alla vegetazione bassa di ricrescere, attraendo di nuovo gli animali e dunque ripristinando la biodiversità.

Senza contare che – aldilà ed oltre l’attuale bando di gara, che ha una durata di 18 mesi salvo rinnovi – inaugurare una politica di pianificazione della manutenzione boschiva ha molteplici effetti positivi: anzitutto il lavoro di chi provvede al taglio, tanto più importante in un’area occupazionalmente depressa; coi tempi che corrono occorre molto buon senso in un paese in forte crisi economica e occupazionale, e non si comprende con quale coraggio si decida di respingere la creazione di posti di lavoro sicuri e benefici solo per salvare alberi moribondi (o per conseguire un lampo di visibilità).

In secondo luogo, soprattutto se gli introiti delle concessioni verranno destinate a lavori di manutenzione boschiva, sarà possibile rendere più efficiente la prevenzione del dissesto idrogeologico e del rischio incendio; in terzo luogo, la frequentazione del bosco conseguente alla sua manutenzione allontanerà i ladri di legname, che non potranno più spadroneggiare indisturbati; infine, il bosco rinnovato è un bosco più bello e più confortevole, con ovvi benefici di ricaduta turistica. E’ ovvio che sarà necessario vigilare affinché le opere di manutenzione siano realizzate nel massimo rispetto della normativa e del bando di gara, ma da questo a gridare all’”assassinio” ce ne corre.


Va da sé dunque che la vociferata “marcia indietro” del Comune rispetto alla decisione di procedere alla manutenzione del bosco ci sembra del tutto inopportuna e dannosa: inopportuna per i motivi sopra detti, visto che le presunte criticità lamentate dagli oppositori sono inesistenti o comunque sopravanzate dai benefici. Dannosa perché la ditta aggiudicatrice ha già versato una parte del canone di concessione ed ha sostenuto spese organizzative e finanziarie (fideiussione, assicurazione ecc.) per la partecipazione alla gara e dunque, in caso di annullamento, avrà diritto a richiedere al Comune rimborsi e danni per l’immotivato recesso. Senza contare i costi già sostenuti dall’Ente per la necessaria consulenza agronomica e per il lavoro dei dipendenti comunali già svolto. Tutti esborsi che non ci pare il caso gravino su un già precario bilancio comunale, oltre ad essere difficilmente difendibili in caso di indagine della Magistratura Contabile. Senza contare le responsabilità in caso di – mai siano! – eventi rovinosi: come potranno giustificarsi, politicamente ed economicamente, dopo la sospensione di un bando che tutti – inclusi gli ambientalisti – giudicano legittimo?


Per questo, pur riconoscendo la massima buona fede alla maggior parte del movimento che si sta spendendo per “salvare” Cozzo Cervello, ci è parso che la protesta sia stata fomentata ad arte per motivi che non hanno nulla a che vedere con la tutela dell’ambiente. E ne è una prova il recente riferimento di alcuni fra gli organizzatori al cosiddetto “Parco Naturalistico della Catena Costiera”: l’ennesimo carrozzone a spese dei cittadini che ci sembra in grado di far sviluppare un unico modello di sottobosco: quello parassitario delle clientele politiche”.