Il grande imbarazzo di Di Maio

Nesci: “la mia disponibilità a candidarmi rimane valida”

CATANZARO – Acque agitate nel movimento Cinque Stelle. Il nodo? La candidatura a governatore della Calabria. Tutto nasce da una dichiarazione della deputata grillina Nesci durante la trasmissione televisiva “Perfidia” durante la quale ha asserito due cose fondamentali rispetto a quelle che sono i desideri del PD Calabrese. La prima è la messa a disposizione della sua persona per la candidatura a presidente della Regione Calabria; la seconda quella che esclude una qualunque possibilità di accordo tra M5S e PD in Calabria per le prossime regionali. Dichiarazioni che hanno sconquassato il PD Calabrese, o meglio i paini di Oddati e Graziano che avevano da più tempo bocciato la candidatura di Mario Oliverio che nel frattempo si è preso in mano la base democrat mostrando i muscoli in una affollatissima “chiamata alle armi” tenutasi a Catanzaro.

Una situazione di imbarazzo per il commissario piddino che è dovuto correre ai ripari, prima con una lettera firmata da alcuni consiglieri regionali e successivamente con un pressing nei confronti di Di Maio che ha tentato di fare qualcosa ma senza troppi risultati. Di Maio aveva cercato attraverso una dichiarazione di frenare la Nesci per lasciare spazio e margini ad una trattativa che nel suo movimento, in Calabria, nessuno vuole. La deputata grillina non si è lasciata intimorire dalle dichiarazioni del capo del suo movimento e senza colpo ferire ha ribadito: <>. Le parole della Nesci sono tra l’altro rafforzate dal volere della base pentastellata in Calabria che si è già espressa pubblicamente sul diniego ad un qualunque accordo con il PD calabrese. La realtà dei fatti è che Di Maio è prigioniero del suo stesso sistema che prevede per ogni minima cosa, ogni minima decisione, ogni minimo movimento la consultazione della base che spesso e volentieri avviene attraverso il canale internet. Una gabbia di cui Di Maio non ha le chiavi. Ed il PD? È fondamentalmente nelle stesse condizioni. Prigioniero delle primarie che non vuole celebrare nonostante siano state in passato santificate come il massimo strumento democratico di partecipazione della base del partito solo che adesso (ad onor del vero anche in passato) a volerle è il presidente Oliverio che per tutta risposta ha ricevuto la minaccia di espulsione. Ed adesso? Se il M5S tiene fede a quella che è stata da sempre la sua condotta, ossia considerare la base fondamentale per ogni decisione, l’accordo con il Pd non si farà. Di Maio difficilmente si scosterà da questa linea, verrebbero meno le regole su cui il movimento è basato e ancor più la sua già precaria credibilità di leader pentastellato. E il PD? Lo avevamo detto in circostanze non sospette. Aver sfidato Oliverio su un terreno sconosciuto (la base piddina in Calabria) è stato un errore madornale, l’ennesimo dopo il giochetto giocato da Renzi all’indomani della formazione del Governo Conte-bis. Continuare a rincorrere il M5S che non vuole nessun accordo con loro è quanto meno poco dignitoso dal punto di vista politico, soprattutto per una forza politica come il PD. A questo punto le strade sono due. La prima è correre in solitaria (Renzi non farà liste in Calabria) con un proprio candidato; La seconda appoggiare la candidatura di Oliverio che potrebbe concedergli l’onore delle armi attraverso le primarie. Ma il tempo a disposizione è davvero poco.